Digitalizzazione - Intervista
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Accessibilità informatica e competenze: l’accreditamento per la transizione digitale

 

Gli esperti Accredia Roberto Scano e Pasquale Popolizio intervengono sul ruolo della normazione tecnica e della certificazione accreditata a garanzia di servizi inclusivi e competenze ICT: elementi fondamentali per una transizione digitale efficace.

La transizione digitale rappresenta una delle sfide più urgenti e strategiche del nostro tempo, oltre che un percorso necessario per tutte le organizzazioni che devono rinnovarsi, adottando nuovi processi, tecnologie e competenze.

Queste possono essere garantite dalla certificazione accreditata in conformità alle norme tecniche, come quelle che attestano:

  • l’accessibilità informatica, tema approfondito da Roberto Scano – esperto di accessibilità informatica e competenze ICT, sia a livello legislativo sia di normazione tecnica, ed esperto nel Comitato Settoriale di Accreditamento del Dipartimento Certificazione e Ispezione di Accredia
  • le competenze digitali, argomento discusso da Pasquale Popolizio – specialista di competenze ICT, web e intelligenza artificiale, per la Pubblica Amministrazione e nei gruppi di lavoro della normazione ed esperto tecnico nei team di verifica di Accredia.

Roberto Scano, ci chiarisce il concetto di accessibilità informatica, anche alla luce della sua esperienza, che spazia dalla redazione della voce per la Treccani alle Web Content Accessibility Guidelines?

L’accessibilità è una tematica generata, probabilmente da quando è nata l’informatica stessa, dalla necessità di garantire a tutti la possibilità di interagire con prodotti e servizi senza discriminazione.

Per questo sono state sviluppate le regole di accessibilità a partire dalle Web Content Accessibility Guidelines, la cui prima versione risale al 5 maggio 1999.

L’accessibilità digitale, così come l’ho definita nella voce specifica dell’Enciclopedia Italiana Treccani, è un principio di qualità essenziale nello sviluppo di prodotti e servizi digitali. Perché dobbiamo ricordarci che, se produciamo qualcosa senza pensare all’accessibilità, stiamo escludendo qualcuno e, se siamo un’azienda, potenzialmente stiamo perdendo un cliente.

Può farci un rapido excursus dei provvedimenti legislativi in materia di accessibilità informatica, fino al recente European Accessibility Act?

L’European Accessibility Act (EAA) è solamente l’ultimo atto a livello europeo in questo ambito, ma noi, specialmente in Italia, abbiamo il vantaggio di avere delle normative che l’Europa per anni ci ha invidiato.

La prima normativa che abbiamo emanato, con l’obbligo di garantire una conformità di prodotti e servizi ICT alle regole di accessibilità, è stata infatti la Legge 4/2004 (Legge Stanca) che ha posto il concetto della necessità di garantire a tutti, senza discriminazione, la possibilità di utilizzare prodotti e servizi informatici.

In seguito, la Direttiva UE 2016/2102 ha previsto l’obbligo di accessibilità per i siti web e le applicazioni mobile di tutte le Pubbliche Amministrazioni a livello europeo. Mentre, in Italia, nel 2020, abbiamo esteso i dettami di questa direttiva alle aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di euro nell’ultimo triennio, anticipando di fatto l’European Accessibility Act.

L’EAA estende, infine, la portata dell’accessibilità ad alcuni settori del mercato consumer, definendo, entro fine del 2030, un’accessibilità europea globale.

Lei è impegnato nei gruppi di lavoro della normazione di ISO, UNI e UNINFO. Quali sono le norme di riferimento per le imprese e i professionisti che vogliono o devono investire nell’accessibilità informatica?

La norma di riferimento a livello europeo è lo standard EN 301549 che definisce i requisiti di accessibilità per prodotti e servizi ICT. Parliamo, quindi, di hardware, di software, di siti web e applicazioni mobile. Come di documenti che rappresentano oggi uno dei problemi più grossi in termini di accessibilità.

Si tratta, per alcuni, di un obbligo e, per tutti, di un’opportunità per sviluppare servizi più accessibili e migliorare non solo la fruibilità del servizio, ma anche la reputazione dell’azienda.

Ci sono, poi, altre norme a supporto che mirano a creare riqualificazioni e nuove competenze: il nostro Paese, ad esempio, è stato il primo a livello globale a creare una norma tecnica che definisce al suo interno, tra le varie figure, anche quella del Web Accessibility Expert.

Pasquale Popolizio, in materia di tecnologie ICT e di competenze web, quali sono gli standard di riferimento? In particolare, di cosa si occupa il gruppo di lavoro UNINFO che lei guida?

Il Gruppo di Lavoro UNINFO UNI/CT 526/GL 02 “Profili professionali operanti nel settore ICT – Professionista Web” è incardinato all’interno della Commissione Tecnica UNI 526. Il suo obiettivo è quello di definire i profili di ruolo di tutti i professionisti che operano sul web.

Nel 2017 è stata pubblicata la prima versione della norma UNI 11621-Parte 3, che poi è stata aggiornata nel 2021. Fra i 29 profili normati troviamo ad esempio il Web Community Manager e l’e-Commerce Specialist, ma anche il Learning Specialist o il Social Media Manager.

Il nostro scopo all’interno del gruppo è stato sempre quello di aggiornare i profili di ruolo professionale per farli essere in sintonia con le tendenze del mercato, come nel caso delle competenze che riguardano il settore dell’Intelligenza Artificiale.

Proprio in ambito IA sono in corso i lavori per definire i nuovi profili della UNI 11621, tra i quali il Chief AI Officer. In questo settore, quali sono le sfide della normazione e della certificazione?

Il GL 08 ha il compito di identificare e sviluppare attività in tema di profili di ruolo professionale nel settore dell’Intelligenza Artificiale, oltre che proporre attività di cooperazione con altre commissioni tecniche di UNI.

Inoltre, aggiorna i profili di ruolo professionale per l’ICT, così come già delineati dalla norma multiparte 11621, con indicazioni specifiche sull’IA e ulteriori profili elaborati dalla UNI/CT 526. Al momento, il gruppo sta predisponendo i vari profili e anche il profilo del CAIO è in via di definizione.

Affrontare la transizione digitale significa anche garantire un adeguato livello di competenze a tutta la società. Un esempio è l’obbligo per il personale scolastico ATA di ottenere il certificato di alfabetizzazione digitale conforme a DigComp. Di cosa si tratta?

Il Digital Competence Framework for Citizens, quadro di riferimento delle competenze digitali per i cittadini noto anche come DigComp, fornisce un linguaggio comune per identificare e descrivere le aree chiave delle competenze digitali.

Accredia concede l’accreditamento a schemi proprietari, purché essi dimostrino la piena coerenza al framework DigComp 2.2. Il processo di certificazione, così come definito dalla norma UNI CEI EN ISO IEC 17024 del 2012, comprende l’insieme delle attività che l’organismo di certificazione mette in atto per verificare se il candidato soddisfa i requisiti di competenza, abilità e conoscenze richiesti.

Per garantire l’efficacia ed efficienza del processo di certificazione e il massimo valore dei risultati della valutazione, l’organizzazione che effettua la valutazione di conformità deve essere strutturata in modo da assicurare i necessari requisiti di indipendenza, imparzialità, trasparenza, competenza e assenza di conflitti di interesse.

Deve, inoltre, assicurare l’omogeneità delle valutazioni, definire, adottare e rispettare un proprio sistema di gestione per la qualità documentato. Infine, deve definire, adottare e rispettare un proprio codice deontologico e rendere pubblico lo schema di certificazione sviluppato in coerenza al DigComp 2.2.

Oltre a quanto stabilito dalla norma UNI 17024, il certificato rilasciato dall’organismo deve riportare le informazioni in coerenza con la struttura e le dimensioni del DigComp 2.2., compreso il livello di padronanza valutato per ognuna delle aree di competenza.

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