Certificazioni - Intervista
  • #green deal
  • #qualità
  • #transizione digitale

Il Comitato di Indirizzo e Garanzia e la certificazione accreditata per le PMI

 

Barbara Gatto racconta le attività del CIG di Accredia di cui è Presidente, gli strumenti per garantire l’efficacia delle verifiche e il valore della certificazione accreditata per le PMI, nelle sfide per la sostenibilità e la digitalizzazione.

Il Comitato di Indirizzo e Garanzia di Accredia è da sempre impegnato a studiare le tematiche della Qualità centrali nelle politiche pubbliche e strategiche per le imprese, oltre a migliorare le modalità di verifica dell’Ente, per assicurare l’affidabilità e l’efficacia delle certificazioni accreditate.

Ne parliamo con la Presidente Barbara Gatto che rappresenta il socio CNA, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa, oltre a essere la Direttrice operativa del CONOE, il Consorzio nazionale per la raccolta e la gestione degli oli vegetali esausti.

Quali attività ha portato avanti il Comitato di Indirizzo e Garanzia negli ultimi anni e quali sono gli obiettivi per il prossimo triennio?

Il Comitato di Indirizzo e Garanzia di Accredia, CIG, è l’organo che valorizza e garantisce l’equilibrio degli interessi di tutti i soggetti rappresentati nell’Ente di accreditamento.

Ha, quindi, un ruolo strategico per assicurarne la trasparenza e il corretto operato a vantaggio della certificazione accreditata, anche sulle tematiche innovative che sono emerse nel corso degli anni in base alle richieste del mercato.

Uno degli strumenti principali di riferimento per l’attività è rappresentato dal documento programmatico che il CIG, in carica da un anno, ha ereditato dal precedente. Nel documento sono compresi temi indubbiamente importanti come l’imparzialità, l’ambito delle professioni e i bandi di gara.

Ci sono, inoltre, almeno tre tematiche sulle quali questo CIG ha deciso di concentrarsi nel suo primo anno di attività, ovvero la transizione digitale, la sostenibilità e le nuove forme di verifica a disposizione di Accredia.

Negli ultimi anni si sono affermati nuovi strumenti per garantire l’efficacia delle verifiche degli Enti di accreditamento come mystery audit, mystery shopping e visite senza preavviso. In cosa consistono e che analisi avete svolto?

Va precisato che queste verifiche particolari non sostituiscono in alcun modo l’attività ordinaria di verifica di Accredia. Mystery audit, mystery shopping e visite senza preavviso sono strumenti aggiuntivi, che possono intervenire in alcuni casi in cui emergano elementi di attenzione sulla conformità ai requisiti per l’accreditamento o sulla competenza degli organismi di certificazione e dei laboratori di prova.

Sono già previsti nei Regolamenti di accreditamento dell’Ente, ma siamo entrati un po’ più nel merito, sia per quanto riguarda le casistiche del perimetro di applicazione sia sulle modalità di effettuazione delle verifiche. L’obiettivo è proprio cercare di valorizzarle ulteriormente come strumento aggiuntivo a supporto dell’attività di verifica e garanzia di Accredia.

Nell’ambito della sostenibilità, come si è sviluppato il lavoro del Comitato di Indirizzo e Garanzia e qual è il ruolo della certificazione accreditata per le PMI?

La sostenibilità è indubbiamente uno dei temi di maggiore attualità e forse anche di maggiore impatto rispetto al sistema della qualità. C’è una correlazione molto forte tra sostenibilità, qualità e certificazioni.

Basta guardare la quasi totalità dei provvedimenti attuativi del Green Deal che contengono implicazioni importantissime sia in termini di standardizzazione sia di certificazione.

Come CIG abbiamo voluto approcciare questo tema, partendo da un’analisi della situazione attuale – perché ovviamente la sostenibilità ha implicato un proliferare di nuove certificazioni – e anche in un’ottica evolutiva, concentrandoci su come il ruolo della certificazione accreditata potrà stare al passo con queste nuove esigenze.

Da poco lei è Direttrice operativa del CONOE, Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti. Quali sono i suoi obiettivi e perché la certificazione è così importante per le aziende del settore?

Lo sbocco principale dell’olio vegetale rigenerato e prodotto proprio dalla nostra filiera è quello dei biocarburanti, un mercato strategico anche nelle politiche di sostenibilità ed energetiche dell’Unione europea.

Su questo fronte, la normativa comunitaria fissa dei criteri che devono essere rispettati, affinché una risorsa possa effettivamente essere immessa sul mercato per diventare biocarburante, assegnando un ruolo importante alle certificazioni.

La trasparenza dei requisiti della filiera rappresenta il nodo chiave, e questa è proprio una delle funzioni che il CONOE deve garantire. Abbiamo uno schema nazionale di certificazione dei biocarburanti disciplinato da un decreto legislativo nazionale e sotto accreditamento Accredia.

L’Europa riconosce anche altri schemi internazionali che devo dire, purtroppo, non sempre si sono rivelati in grado di garantire questa trasparenza. E’ un capitolo aperto su cui, come CONOE, siamo impegnati anche con l’obiettivo di valorizzare l’Infrastruttura italiana per la Qualità.

Allargando lo sguardo alle esigenze delle PMI associate a CNA, che lei rappresenta nel Comitato di Indirizzo e Garanzia, cosa manca o cosa si potrebbe rafforzare per rendere le certificazioni uno strumento veramente efficace per le imprese che le adottano?

La CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa, al pari di tutte le altre confederazioni socie di Accredia, ha da sempre sostenuto che la qualità debba e possa essere una leva di qualificazione e competitività per le imprese.

Soprattutto le PMI più piccole, però, fanno fatica ad accedere alle certificazioni: lo dicono anche i numeri. Le barriere più note e più vissute riguardano il tema dei costi e la complessità nell’accesso, senza dimenticare che c’è stata una proliferazione di nuove certificazioni, non tutte a misura delle caratteristiche di impresa del nostro panorama economico nazionale.

Rispetto ai bisogni, c’è anche il tema che riguarda la necessità di implementare strumenti di agevolazione o premialità per le imprese che adottano le certificazioni.

Uno degli elementi più di interesse che abbiamo sul tavolo in questo momento riguarda l’attuazione della semplificazione dei controlli amministrativi sulle attività economiche che applicano le certificazioni.

Secondo lei, come possono migliorare formazione, informazione e comunicazione tra il mondo della qualità, le imprese e i consumatori?

Negli ultimi anni, si è puntato molto sulla formazione anche in sinergia con le associazioni di categoria, e credo che sia le imprese sia le associazioni stiano apprezzando e sfruttando questa opportunità.

Tuttavia, c’è ancora da colmare una certa percezione rispetto a come non sempre il mercato, inteso in senso ampio, sia effettivamente in grado di valorizzare gli sforzi e l’impegno delle imprese che si sono certificate.

Qui serve, non tanto un’attività di formazione, quanto una di sensibilizzazione e trasparenza, che dovrà coinvolgere tutti gli stakeholder che sono impattati dal sistema delle certificazioni.

L’esperienza degli appalti verdi ne è stato un esempio eclatante. Quando sono usciti i primi decreti attuativi che hanno fissato i Criteri Ambientali Minimi, all’interno dei quali le certificazioni sono un elemento fondamentale da rispettare, né le Pubbliche Amministrazioni né le imprese avevano strumenti e conoscenze per affrontare questa nuova sfida. Nel tempo, si è colmato questo gap, anche e proprio grazie a una solida attività informativa e formativa che pian piano sta portando risultati.

Resta sempre aggiornato

Iscriviti alla nostra newsletter

La tua iscrizione non può essere convalidata.
La tua iscrizione è avvenuta correttamente.